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Ibiza fragile

  • Immagine del redattore: Vasco Rialzo
    Vasco Rialzo
  • 9 gen 2019
  • Tempo di lettura: 7 min

A grande richiesta un nuovo articolo dedicato a Ibiza. Questa volta però non sarà lo scrittore Vasco Rialzo a raccontarla, bensì Olindo il protagonista del suo ultimo romanzo Materiale fragile. Parole e foto per vivere in modo insolito e autentico l'isola che non c'è

Ibiza l'isola che non c'è di Donata Cucchi
Fotografia di Donata Cucchi

In Materiale fragile, di recente recensito da Bruna Orlandi sulla rivista About, il mio personaggio Olindo si ritrova su una barca a vela che da Barcellona si dirige verso Ibiza. Nella tanto desiderata isola del Mediterraneo, il goffo deejay bolognese incapperà in strani soggetti, tante rotonde stradali, paesaggi di rara bellezza, problemi a non finire. Ecco qualche episodio, che vi riporto integralmente dal libro, per narrare un'Ibiza davvero unica. E darvi qualche buon consiglio...


Materiale fragile e Vasco Rialzo per la rivista About

SUL MEZZO DI TRASPORTO


- Ciao. Che facciamo?

- Noleggiamo un’auto e giriamo l’isola?

- Mi sembra complicato e forse costoso. Abbiamo poi il tempo?

- C’è un noleggio lì, ho visto che i prezzi sono ottimi e di tempo ne abbiamo finché vogliamo. Ferran dice che rimarremo attraccati in porto qualche giorno. Se ci va, possiamo anche dormire fuori.

- E Ferran cosa dirà?

- Mica è mio padre, Olindo.

- Sì, giusto.

Il solito idiota ansioso. Quasi in stile giapponese.

- Va bene, andiamo a chiedere.

Entriamo nel triste ufficetto e, tempo dieci minuti, mi ritrovo col culo sul sellino di un’improbabile moto.

- Ma non dovevamo prendere un’auto?

- Costava troppo.

Appunto.

Accendo il bolide e, con fare impeccabilmente esperto, mi accingo a partire. L’orrendo tizio del noleggio ci fissa. La cosa mi irrita assai, ma mi sforzo di fargli un cenno di saluto.

Così facendo, mi distraggo quel tanto che basta per urtare con la ruota anteriore il marciapiede, oscillando pericolosamente e rischiando di cadere pressoché da fermo.

- Ma sai guidare una moto?!

- Ma certo, cazzo!

Sempre con gli occhi del tizio addosso, mi avvio per non so dove.

- Dove andiamo?

- Non lo so.

Perfetto.


Ibiza in auto

SU PROVERBIALI GENTILEZZE


Ritorno dentro il paese, che in effetti è piccolissimo, e accosto dove vedo che c’è un’officina meccanica. Si avvicina un negro in tuta da lavoro, alto e dinoccolato e con i capelli rasta, guarda la moto, torna dentro l’officina, ritorna da noi che neanche siamo scesi dalla moto con un aggeggio tipo pallone in mano, si abbassa e fa qualcosa alla gomma dietro, cioè collega il pallone con un tubicino alla gomma e fa fffff, poi stacca tutto, mi sorride e va via, scomparendo dentro l’officina.

Rimaniamo immobili, qualche secondo.

Il negro rasta ricompare, ci sorride e dice una cosa che, sul momento, non capisco.

- Paz y amor.

Poi torna al lavoro. E io capisco che, non so come, aveva capito subito che avevo la gomma sgonfia, che era da gonfiare, che io ero un incapace e che non voleva niente per il suo aiuto. Questo l’ho capito prima di capire cosa ci ha poi detto. Pace e amore. Un uomo gentile.

Parcheggio la moto poco più in là. Susy è taciturna e mi segue come un cagnolino. Facciamo due passi nel piccolissimo centro di questo paesello fuori dal tempo. C’è una chiesa e tutto intorno piccoli locali dove la gente mangia e beve. C’è pace. E forse anche amore. Il negro aveva ragione.


Ibiza pace amore e hippie

SU STRANE ARCHITETTURE


La chiesa è bianca e il suo candore diventa quasi fastidioso al sole. Ha una campana, in alto. Mi piacciono le campane, anche se il loro rumore spesso mi dà ai nervi. Bene l’estetica, dunque. Male l’acustica. Ma va bene lo stesso. Pace e amore, mi ripeto. Osservandola, noto che è incastonata dentro una struttura che ricorda un cazzo. Sì, il campanile di una chiesetta tanto romantica e poetica ha la forma di un pisello. Sarà un caso o una scelta? Provo a confrontarmi con Susy, che però s’è allontanata, per la prima volta. Abbandono il pensiero blasfemo e la raggiungo.

- Hai sete?

- No.

- La chiesetta ha il campanile a forma di cazzo.

- Ah.

Ne sa quanto me, evidentemente. Fine del dialogo.


Architetture di Ibiza

SULL'ANIMA HIPPIE


Mollata la moto, entriamo nella baia, che ci accoglie con un forte rumore di tamburi. In fondo alla spiaggia, c’è infatti un gruppo di cappelloni che sta suonando i bonghi. Qualche ristorantino e poc’altro completano il paesaggio. Il mare è molto bello e all’orizzonte si staglia un grande scoglio, grande davvero, la cui forma mi ricorda un pisello. Non so perché, ma in quest’isola vedo cazzi ovunque. Boh.

I bonghi creano un’atmosfera fatata. Non li ho mai amati, in realtà, con quell’assordante baccano che non dà tregua. Ma così, in spiaggia, con quel pisello di roccia che emerge dal mare, un’aria buona e pulita, tutta la gente che ne segue il ritmo ripetitivo e asfissiante, il mare dai mille colori, una pace epidermica, una chiesetta con il campanile anch’esso a forma di pisello, un desiderio di lasciarsi andare e sorridere e basta, ecco tutto questo insieme di luci e colori fa sì che i bonghi dominino i sensi e invitino tutti a stare bene. Anche il sottoscritto.

Susy non mi molla mai, mi tiene a braccetto e con lei giro qua e là, sorridendo e osservando. Un omaccione reso troppo rosso dal sole ci dice qualcosa in spagnolo. Non capisco niente io, Susy sì e gli risponde di sì, appunto. Ci allunga una sigaretta immensa e ce l’accende e il profumo di resina ci invade lesto. Ci ritroviamo a fumare un cannone superdotato in una bella spiaggia di Ibiza che, comprendo un po’ lentamente, è uno dei luoghi sacri del popolo hippie che vive sull’isola. Un tempio a cielo aperto dove rilassarsi, condividere, parlare, conoscere, semplicemente vivere.

Ci arrampichiamo sulle rocce ed entriamo in una sorta di palafitta sul mare, tutta in legno. Ci sedia-mo su una panca e guardiamo il mare, la gente, il paesaggio, tutto. Fumiamo lentamente e non diciamo una parola.

Susy gira il volto dalla mia parte e mi fissa, occhi negli occhi. Sono molto belli, hanno qualcosa di triste, di malinconico che li rende affascinanti.

Si avvicina e mi bacia.


Bonghi hippie a Ibiza

SULLE FESTE


La piscina è gremita di donne. Ci sono pure due conigliette di Playboy. Chissà chi le ha invitate. Sono comunque tutte incredibilmente belle, formose, sorridenti, sciocchine, variopinte. Perfette, insomma. Mica facile buttarsi lì in mezzo. C’è il rischio di farsi male, paradossalmente.

- Ti tuffi con me?

È Elvira che mi parla.

- Certo.

Faccio il piacione, ma in realtà non mi va. Uno perché non mi va, appunto. Due perché non ho voglia di fare il bagno con la donna tonnata. Tre perché voglio guardare le conigliette in santa pace e non solo loro. Quattro perché temo che Susy possa averne a male, non stiamo ufficialmente insieme, però mi sembra brutto e poi ha detto che si sta innamorando di me o forse che lo è già, anche se questo lo dico io boh. Quinto non ricordo.

- Allora?

Elvira è bella, cazzo. Tonica e forte. Ma sì, dai, facciamoci questo tuffo.

- Mi aspetti, amore?

Mi volto e c’è Susy.

- Amore?!

Elvira si gira verso Susy, guardandola negli occhi con fare stupito.

- Sì, stiamo insieme.

Appunto.

- Be’, non può fare un tuffo con me?

- Certo che può. Bisogna vedere se ne ha voglia.

Si avvicina una ragazza orientale.

- Hola, ¿quién eres?

Ci mancava solo di essere approcciato da una sconosciuta. Gnocchissima, magrissima, giovanissima. Forse thailandese e per certo con due tette enormi.

- Soy Olindo.

- ¿Quién?

- Olindo.

- ¡Qué nombre raro!

- Infatti.

- Yo soy Laia. ¿Nos tomamos algo?

Io in mezzo a tre donne. Circondato e impacciato.

Susy mi prende la mano, mi porta sul bordo della piscina, mi bacia meravigliosamente, mi sorride, mi spinge con forza, cado in acqua come un goffo sacco di patate. Che pena.


Festa a Ibiza

SULLA FUGA A IBIZA


- Rimaniamo o restiamo?

- Amore, perché dovremmo trattenerci ulteriormente a Ibiza?

Bella domanda. A cui segue la mia bella risposta.

- Be’, non è male. C’è il mare, tanta sabbia, l’aria è buona, è un’isola e questa cosa mi piace molto, è piena di alberi, ci sono i mercatini hippie e ci sono gli hippie ovviamente, le discoteche abbondano, si fanno feste di ogni sorta, si mangia buon pesce, producono vini niente male anche se un po’ costosi, la frutta è saporita, c’è anche la città antica arroccata lassù in cima, è ricca di miti e leggende, è un posto dove si sta bene a non fare un cazzo, la gente è tranquilla e si fa gli affari propri. Non ti sembrano dei buoni motivi?

- Sì certo, ma dobbiamo pagare l’alloggio. E anche se Zulu è stato rassicurante, non mi fido del tutto. Penso sia meglio cambiare aria.

- Peccato, mi piace Ibiza.

- Ho capito, ma tu hai capito perché voglio andare via?

- Sì, in un certo senso sì.

- In un certo senso…

Tacciamo per qualche istante.

- E Ferran? Lo lasciamo qui da solo?

- C’è suo fratello.

- Non ricordo dove sia finito, sai? E, detto tra noi, neppure il nome, così su due piedi. Che poi, questa espressione, chissà cosa significa, ovvero uno ha due piedi perciò come dovrebbe stare per avere un’idea, per riflettere rapidamente, dico io, su un unico piede? Poi cade e di sicuro non pensa più.

- Olindo mio, ma che ti hanno fatto quando eri piccolo?

- In che senso?

- Niente, lascia stare.

- Mi dicevi del fratello di Ferran, ma poi hai cominciato a parlare di quando ero piccolo. Perché?

- Non ti preoccupare. Volevo solo dire che, quando hanno arrestato Ferran, Jeroni s’è mescolato al gruppetto in fuga, l’ho visto io. Vedrai che è ancora in giro e lo aspetterà.

- Jeroni, sì. È un po’ tonto. Ne sarà in grado?

- Ma certo.

- Quindi cosa proponi?

- Torniamo a Barcellona. Lì c’è casa mia e, secondo me, siamo più al sicuro.

- Casa tua? Che bello! E io dove sto?

- A casa mia, che domanda.

- Ah, bene.

- Mi sembri così strano oggi… Oggi poi, sempre in realtà, ma oggi più che mai. Stai bene?

- Bene, dai.

- Se lo dici tu.

- Però Ferran, smollarlo così su due piedi. Ecco vedi? Sempre questa frase del cazzo che mi ossessiona. E i soldi? Sono suoi.

- Ne usiamo solo una parte. Per comprare i biglietti aerei e per le prime spese una volta giunti a Barcellona. Il resto glielo teniamo da parte. Se dovesse tornare per riaverli, glieli daremo. Siamo suoi amici, no?

- Sì, va bene. Mi hai convinto, così su due piedi.

Scoppiamo a ridere.

- E a Barcellona cosa facciamo?

Zitta sul momento, poi risponde.

- Ci amiamo.

Sto per dire infatti, ma per un soffio riesco a trattenermi.



SU TUTTO IL RESTO


Leggete Materiale fragile e venite con noi a Ibiza (e a Barcellona), così potrete usare il romanzo come guida insolita e strampalata per scoprire i volti più autentici dell'isola (e della città catalana). ¡Paz y amor!


Materiale fragile di Vasco Rialzo

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