Kubrick a Barcellona: non andateci apposta, guardatevi un suo film piuttosto
- Vasco Rialzo
- 12 dic 2018
- Tempo di lettura: 3 min
Il famoso regista è da poco approdato a Barcellona con un'importante esposizione ospitata al Centre de Cultura Contemporània de Barcelona. Molta gente ci sta andando per capirne il genio artistico attraverso l'egregia trayectoria creativa proposta dai suoi curatori. Io però mi sono annoiato un po'

Pertanto non mi dilungo su cosa c'è o non c'è, più di tanto. C'è praticamente tutto su Stanley Kubrick. Non mancando praticamente nulla, cosa non c'è di lui e su di lui? Praticamente niente, appunto. Giochetto di parole concluso, a mio modesto parere l'esposizione è realizzata a meraviglia, ma non merita. Soprattutto se si pensa di andare apposta a Barcellona per visitarla. La mostra, non la città.

La ragione principale di questo mio dispettoso cruccio non mi è ben chiara. Adoro e seguo Kubrick da sempre. E alcuni suoi film sono miei imprescindibili riferimenti culturali. Eppure, una volta iniziato il percorso di conoscenza della mostra, ho avvertito un senso di torpore. Non mi sono emozionato. Ho avvertito la sensazione di essere in un museo, di quelli un po' pretenziosi e noiosi, benché curati e ben fatti. Non so. Un po' una palla, insomma. Piccola, ma tant'è.

Molti amici mi dicono che vorrebbero andare a Barcellona apposta. Io rispondo "... per carità, andateci per fare e vedere altro...", ma non solo e apposta per la mostra. Febbraio è un bel mese in città e, al di là di Kubrick e alcune attrazioni mainstream, ci sono cose ben più interessanti ed emozionanti da fare e vedere. Tipo? Be', se venite con me un paio ve le rivelo, altrimenti ciccia.

In ogni caso, a scanso di equivoci e per non farvi arrabbiare troppo col mio essere (notoriamente) critico e antipatico, vi riporto qualche vera citazione di Kubrick, tre per essere precisi, che alla mostra mancano e che in qualche modo spiegano il mio stupefacente "no" alla mostra e l'eterno "sì" al regista e ai suoi film.

Sulla parola
... le scene più forti, quelle di cui ci si ricorda, non sono mai scene in cui le persone si parlano, ma quasi sempre scene di musica e immagini. Oggi il cinema opera su un piano molto più vicino alla musica e alla pittura che alla parola scritta, i film hanno la capacità di convogliare concetti e astrazioni senza il tradizionale ricorso alla parola.
Sulla violenza
Non ci sono prove che la violenza nei film o alla televisione provochi violenza sociale. Cercar di addossare ogni responsabilità all'arte come causa di vita mi sembra uno sviare il problema, ignorandone le cause principali. L'arte rimodella la vita, ma non la crea, non la produce. [...] Qualsiasi violenza al cinema assolve a un utile fine sociale, permettendo alla gente di scaricarsi in modo sostitutivo delle emozioni e degli istinti aggressivi nascosti, che si esprimono meglio nei sogni o nello stato onirico di quando si assiste a un film, che in qualsiasi forma di realtà o di sublimazione.
Sul senso
Odio che mi si chieda di spiegare come "funziona" il film, cosa avevo in mente, e così via. Dal momento che si muove su un livello non-verbale, l'ambiguità è inevitabile. Ma è l'ambiguità di ogni arte, di un bel pezzo musicale o di un dipinto. "Spiegarli" non ha senso, ha solo un superficiale significato "culturale", buono per i critici e gli insegnanti che devono guadagnarsi da vivere.
Ecco. La mia effimera provocazione finisce qua. Anzi, si conclude con l'invito sincero a guardarvi un film di Kubrick, quello che preferite, quello che non avete mai visto, quello che vi pare, insomma. Godetevelo in panciolle, magari proprio quando sarete a Barcellona, luogo ideale per onorare ciò che diceva il grande regista, ovvero "Quella di assistere a un film è un'esperienza più che altro onirica".
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