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10 cose da sapere sulla paella

  • Immagine del redattore: Vasco Rialzo
    Vasco Rialzo
  • 19 lug 2018
  • Tempo di lettura: 7 min

Paella. Un piatto dal nome impronunciabile per gli italiani, che però se ne nutrono ben volentieri ogni volta che vanno in Spagna. Doveroso quindi raccontarvi 10 cose da sapere sulla paella che, per quanto tanto amata, continua ad essere poco conosciuta nella sua vera identità e fonte di imperdonabili strafalcioni.


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PAELLA SÌ O NO? PAELLA SOLO VALENCIANA? PAELLA DI PESCE, CARNE O MISTA? MA CHI SE NE FREGA!


Nella mia guida Barcellona senza vie di mezzo attribuisco un secco e paradossale “no” a questo squisito piatto, considerato tipico della Spagna. In realtà proviene originariamente da una zona specifica, quella valenciana, ma si è poi diffuso in tutta la penisola iberica, diventandone un famoso simbolo culinario e prestandosi a mille ricette, tra mare, montagna e un fantasioso misto a discrezione del cuoco. Per il turista è un vero e proprio must e, qualunque luogo della Spagna stia visitando, a un’abbuffata di paella (e sangria) non rinuncia mai. Nulla di male, se non fosse per tutto ciò che crede di sapere su questo piatto che, dieci volte su dieci, è sbagliato. Ecco allora un breve decalogo di alcune cose che bisogna sapere sulla paella.


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CHI DICE “PAIELLA” LO STROZZO!


1) Iniziamo dal nome e dalla sua pronuncia. Paella significa due cose strettamente legate tra loro: la padella in cui si cucina la paella e il riso condito e cotto col brodo che si cucina dentro la paella. Quindi padella e piatto in sé, insieme. E fin qui è facile. Poi passiamo alla pronuncia. Ora vi voglio concentrati e attenti: non si dice “paiella” né “paella” così com’è scritto. La doppia “l” in spagnolo si legge come un nostro “gl”, più o meno. Ascoltate come si pronuncia e ripetetelo un milione di volte. Non è difficile, anzi è una parola che ha un suono bellissimo. Forza!


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LA PAELLA SI PREPARA CON UN RISO SPECIALE, CHE DI ITALIANO NON HA PROPRIO NIENTE…


2) Per cucinare la paella serve un riso che in Italia non si trova (ma online sì). È l’unico riso che si può usare perché venga una paella coi fiocchi. Si chiama riso bomba, così detto per i suoi chicchi tondeggianti che, durante la cottura, assorbono tantissima acqua e si gonfiano come piccole bombette (in spagnolo si dice se abomban). Viene prodotto in quantità abbastanza limitate, perciò costa più di altre varietà di riso. Viene coltivato soprattutto nel valenciano, ma anche in Catalogna, a Murcia e in altre poche zone della Spagna. È un riso davvero speciale, che rimane croccante fuori, diventa morbido dentro, assorbe avidamente i sapori e, soprattutto, non rilascia all’esterno quegli stupidi amidi che trasformerebbero la paella in un risotto. Ecco, perché su questo punto bisogna essere molto chiari: la paella non è un risotto! E il riso è imprescindibile che sia della varietà bomba.


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BRODO, FUOCO MEDIO E IMMOBILITÀ. LA PAELLA NON SI MESCOLA!


3) Se la paella non è un risotto, non va cucinata come tale. In altre parole, dimenticatevi come si cuoce il classico risotto. La mantecatura non esiste nella paella e, men che meno, il rimescolare continuamente il riso. Una volta che avrete steso il riso nella grande padella (che si chiama anche lei paella, ricordate?), non andrà mai più mosso, rimestato, girato. Mai. Si aggiungerà solo il brodo, che sarà vegetale e poco (o per nulla) salato. Al massimo ci avrete scottato dentro scampi, gamberoni o gli altri crostacei che avete scelto per la vostra ricetta. E il fuoco? Ah sì, il fuoco di cottura dovrà essere di media intensità. E il riso, lo ripeto, non si tocca.


LA PAELLA È (E DEVE ESSERE) INSIPIDA E SENZA PREPARATI


4) Brodo insipido, dunque. E non solo lui. Tutto il condimento va salato poco, pochissimo. E non per ragioni di salute, ma perché la paella, pur nascendo come piatto povero, è un ricchissimo trionfo di ingredienti. Una buona paella è scarsa di sale, è un po’ insipida insomma, e questa sua dote vi permetterà di sentire tutti i sapori che nasconde. Carni e pesci, crostacei e molluschi, verdure e spezie (primo fra tutte lo zafferano). Troppo sale sortirà l’effetto opposto: ucciderà i veri sapori, quelli che derivano dai diversi ingredienti che, cotti nel modo giusto e insieme al riso, danno vita a un insieme di aromi davvero straordinari. Stesso discorso vale per i preparati per paella, che trovate anche al supermercato: sono intrugli pieni di sale e glutammato che annientano l’autentica bontà della paella. Non usateli!


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A BARCELLONA LA PAELLA NON SI MANGIA LUNGO LA RAMBLA!


5) A proposito di sale… Un consiglio da vero amico: a Barcellona non mangiate mai la paella lungo la Rambla. È una triste abitudine dei turisti fermarsi in uno dei tanti locali che affollano il lungo e famoso viale della città. E, una volta comodamente seduti, cosa ordinare se non una bella paella mista? Non fatelo, vi prego. Dieci volte su dieci sono prodotti surgelati, conservati in enormi sacchi dentro celle freezer, fatti con riso di pessima qualità, ingredienti più che scadenti e tanto sale e altrettanti esaltatori di sapidità. Sono paellas fatte per farvi venire sete, che non hanno nulla di fresco e buono. Se avete voglia di mangiarla come si deve, fatta con pesce fresco, carni selezionate e verdure di stagione, ci sono tanti ristoranti che la cucinano a regola d’arte. Scrivetemi e vi darò qualche suggerimento. Oppure, una volta tornati in Italia, invitatemi a casa vostra e la paella ve la cucino io!


LA RICETTA DELLA PAELLA NON ESISTE PERCHÉ NE ESISTONO INFINITE


6) Tutti i cuochi si vantano di preparare la migliore paella del mondo. Tutte balle. Non esiste la ricetta segreta, quella imbattibile, ne esistono invece tantissime e questo è il bello di questo piatto. La paella è mutevole come un camaleonte, si adatta alle stagioni, ai gusti personali, ai desideri del momento, alla regione geografica dove viene preparata. Può essere fatta con carne, con pesce, con sole verdure o con tutti i tre insieme. Gli ingredienti di base, quelli che non possono mancare, sono solo due: il riso e il brodo. Tutto il resto è frutto di tradizioni, tipicità, fantasia, segreti, ricette di famiglia, genio personale. Il famoso chef spagnolo Omar Allibhoy la fa così e mi pare venga davvero squisita! Come cuoco apprendista e senza vie di mezzo, a me piace cucinarla alla catalana, seguendo le indicazioni di un amico de La Barceloneta. Quando studiavo come la faceva, usava almeno tre tipi di carne, tre di pesce, cinque verdure, spezie varie. Perché dico almeno? Perché quando me la insegnava era primavera e al mercato aveva trovato quegli ingredienti. Sei mesi dopo l’ho rivisto e la paella che (mi) ha cucinato era completamente diversa: quattro carni differenti, due tipi di pesce, sette verdure, le stesse spezie più una nuova. Sempre paella catalana era, a suo dire. Ma, come ogni buona paella insegna, la ricetta per prepararla cambia di continuo, anche quando cucinata dallo stesso cuoco.


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LA PAELLA VA BRUCIACCHIATA!


7) Molti italiani rimangono basiti quando scoprono che la parte della paella posta sul fondo della padella (che si chiama paella, ricordate?) risulta bruciacchiata. Ecco allora che dicono “il cuoco è incapace perché l’ha bruciata”. Niente di più sbagliato! Durante la cottura, la paella si cuoce in modo differenziato: cottura eccessiva sul fondo tanto da bruciacchiarsi, cottura media a metà ovvero perfetta, cottura scarsa in superficie così il riso rimane più croccante. Quando la si serve, inevitabilmente le tre cotture del riso si mescolano e il risultato è fenomenale: tre differenti consistenze che si amalgamano insieme ai tanti ingredienti usati per la preparazione, in un trionfo non solo di sapori, ma anche di sensazioni. Questo è uno dei segreti più importanti (e meno noti) della paella: la sua impareggiabile bontà risiede proprio nella cottura piacevolmente diversa del riso. E la parte più cotta e bruciacchiata del fondo della padella? Quella parte è riservata allo chef perché è la più buona! In catalano si chiama socarrat, dal verbo socarrar che vuol dire appunto bruciacchiare. È il riso che si è un po’ “tostato” sul fondo della padella. E che ha assorbito non solo tutto il buono che c’era sopra, ma ha anche preso quel sapore più marcato che deriva dalla vicinanza al fuoco. Quindi, la prossima volta, invece di inorridire perché il riso che vi stanno servendo vi sembra un po’ bruciacchiato, gioite di questo privilegio!


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ABBINARE PAELLA E VINO? FACILE, ANCHE SE VI DIRANNO IL CONTRARIO


8) E finiamo con un’ultima nota sulla paella: il vino e l’incubo della sua scelta di fronte a un piatto così variegato. Ne sentirete di ogni sorta sul vino da abbinare alla paella. Alcune giuste e molto professionali, come quelle proposte da Turismodevino. Altre veramente assurde, come quella che sentii dire da un baggiano secondo cui il vino doveva essere sempre e solo rosso e freddo di frigorifero, quasi ghiacciato. Orrore! Personalmente ritengo che si debba rispettare la natura della paella stessa. Se questo piatto cambia così facilmente ricetta, il vino non dovrà fare altro che seguirne le tracce e assecondare la sua innata mutevolezza. Ricordatevi che la base è riso e brodo. Con vini secchi, fermi, poco sgarbati, moderatamente alcolici e magari spagnoli non sbaglierete mai. Se la paella sarà solo di terra, con carni saporite come salsiccia, costine di maiale e coniglio, un rosso equilibrato e poco tannico sarà perfetto. Se prevale il pesce, sarà ideale un bianco fermo e poco aromatico. Se meravigliosamente mista, il mio consiglio è scegliere un vino che accontenti tutti, ingredienti e commensali: un rosato secco e saporito. Se invece volete usare il vino durante la cottura, cimentatevi in questa ricetta a base di cava, lo spumante catalano, è davvero unica e inimitabile. Provate, sperimentate, mangiate e bevete, condividendo questo piatto eccezionale, non ve ne pentirete. E fatemi sapere le vostre ricette!


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LA PAELLA È BUONISSIMA!


9) Ripasso per i più pigri: la paella è sia la padella dove si cucina la paella sia la paella che si cucina dentro la paella (!); la parola paella va pronunciata correttamente (capito?!); la paella si prepara solo con riso bomba (squisito!); la paella non è un risotto (perciò non si tocca!); la paella deve essere un po’ insipida (sempre!); la paella non si mangia lungo le Ramblas (giammai!); la paella può essere preparata in infiniti modi (è il suo bello); la paella si bruciacchia apposta (ricordatelo); la paella si gusta meglio bevendo molto vino buono (questo è un mio consiglio personale); la paella è buonissima (quando fatta bene) e cucinarla è un piacere (anche mangiarla).


10) Bon profit! (che vuol dire buon appetito in catalano).


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